Un documento che ci riporta alla dominazione napoleonica in Italia. Quello di cui parliamo oggi è un titolo nominativo di rendita perpetua emanato dal Monte Napoleone, ovvero dall’istituzione finanziaria incaricata di amministrare il debito pubblico ereditato dalla Repubblica Cisalpina ed accresciuto dalla Repubblica Italiana che poi diventerà il Regno d’Italia. L’articolo 125 della costituzione francese del 26 gennaio 1802 stabilisce che: “tutti i debiti e crediti delle diverse provincie, le quali in oggi forman parte della Repubblica, appartengono alla nazione”. Il pagamento del debito pubblico viene successivamente regolato dalla legge 21 marzo 1804 che stabilisce che il pagamento del debito pubblico può avvenire: o attraverso il consolidamento in iscrizioni con interesse del 3 e mezzo per cento o con prescrizioni senza interesse accettate per l’acquisto dei beni nazionali.
Con la legge 20 maggio 1804 viene istituita una Amministrazione dei fondi del debito pubblico che con legge 17 luglio 1805 cambia il nome in “Monte Napoleone”. Lo scopo del Monte Napoleone è di riunire in un solo organismo tutta la massa di titoli, obbligazioni, luoghi o cambiali, che gravano sul nuovo regno d’Italia come eredità passiva dei precedenti regimi repubblicani e quello di procurare nuovi mezzi finanziari al regno. Il monte viene affiancato, con contabilità separata, da una di cassa d’ammortizzazione, da una cassa di garanzia, prevista con la legge di finanza del 1810, e da una cassa speciale per le pensioni.
Il Regno d’Italia nasce formalmente con l’incoronazione di Napoleone il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano. Napoleone viene incoronato con l’antica Corona ferrea dei sovrani longobardi da sempre custodita nel Duomo di Monza, in questa occasione avrebbe pronunciato la famosa frase “Dio me l’ha data, guai a chi la tocca”.

Il 5 giugno dello stesso anno Eugenio di Beauharnais viene nominato vicerè d’Italia. Eugenio è figlio di prime nozze della moglie di Napoleone. Il vicerè stabilisce la propria residenza a Monza. A lui spetta il comando delle truppe del regno e delle guardie nazionali, nonché il potere di sospensione degli ufficiali.
Il Regno napoleonico d’Italia, derivato inizialmente dalla Repubblica cisalpina (risultata della fusione della Repubblica cispadana con quella transpadana) e successivamente dalla Repubblica napoleonica italiana è oggetto di numerose modifiche nelle sue suddivisioni. Questo a causa dell’instabilità delle sue frontiere che arrivano per qualche anno fino a Cattaro (nell’attuale Montenegro). L’ultima modifica avviene nel maggio 1810. Ma vediamone le principali trasformazioni.
L’8 giugno 1805 il regno viene suddiviso in dipartimenti, distretti, cantoni e comuni. I dipartimenti sono quattordici: ai dodici della repubblica italiana (Agogna, Alto Po, Basso Po, Crostolo, Lario, Mella, Mincio, Olona, Panaro, Reno, Rubicone, Serio), vengono aggiunti i dipartimenti dell’Adda e dell’Adige, con capoluogo, rispettivamente, Sondrio e Verona. Il numero dei dipartimenti aumenta durante gli anni successivi, con l’ampliamento territoriale del regno.
Le aggregazioni iniziano nel marzo del 1806, con i territori ex veneti e dell’Istria, i quali sono ripartiti nei dipartimenti dell’Adriatico (con capoluogo Venezia), Brenta (Padova), Bacchiglione (Vicenza), Tagliamento (Treviso), Piave (Belluno), Passariano (Udine) e Istria (Capo d’Istria). La Dalmazia rimane invece provincia e viene lasciata all’amministrazione di un provveditore generale.
Nel marzo del 1806 il regno d’Italia cede al ducato di Lucca e Piombino la Garfagnana e i territori di Massa e Carrara, mentre acquisisce il principato di Guastalla, poi incluso nel dipartimento del Crostolo.
Nell’ottobre del 1807 il regno amplia il proprio confine orientale fino alla linea dell’Isonzo, quando il territorio di Monfalcone viene dato all’Austria in cambio dell’acquisizione al regno della contea di Gradisca sulla riva destra del fiume.
L’anno successivo vengono invece unite al regno d’Italia le province di Urbino, Ancona, Macerata e Camerino, organizzate nei dipartimenti del Metauro (con capoluogo Ancona), Musone (Macerata) e Tronto (Fermo). Nel 1809, con la pace di Schönbrunn, al regno vengono aggregati alcuni territori lungo la frontiera nord-orientale tra cui parte della Carinzia con le città di Gorizia, Trieste e Fiume. Al contempo però Istria e Dalmazia sono inglobate nelle Province Illiriche, soggette direttamente all’impero francese.
Il 28 maggio 1810 infine il Trentino e il Tirolo meridionale sono strappati alla Baviera, annessi al regno d’Italia e inclusi nel dipartimento dell’Alto Adige, con capoluogo Trento.
Al termine di queste trasformazioni, il territorio del regno si estende dalla Sesia all’Isonzo, dal Brennero agli Abruzzi, dal confine austriaco a quello del regno di Napoli. I suoi abitanti passano dai circa 3.800.000 del 1805 agli oltre 6.700.000 del 1813.
Alla caduta del regno d’Italia nell’aprile del 1814, i territori che ne fanno parte sono divisi fra impero d’Austria, Santa Sede, regno di Sardegna e ducati di Modena e Parma.
Il Regno smette di esistere nel 1814: Napoleone abdica l’11 aprile. Il 16 dello stesso mese Eugenio Beauharnais firma un armistizio con il feldmaresciallo austriaco Bellegarde.
Dopo i disordini milanesi del 20 aprile con il linciaggio del ministro delle finanze Giuseppe Prina ad opera della folla inferocita, Beauharnais capisce definitivamente di non avere più l’appoggio della popolazione. La gente lo identifica infatti con i detestati francesi e così il 26 aprile abdica, lasciando il giorno successivo l’Italia per ritirarsi in esilio in Baviera presso i suoceri.
Il documento di cui parliamo oggi ha un valore di catalogo di circa 2.500 euro. Non se ne conoscono molti esemplari e per questo può rappresentare un buon acquisto.






