Filatelia

La morte di Amedeo Modigliani

Oggi è il 98° anniversario della morte di Amedeo Modigliani.

Pittore e scultore celebre per i suoi ritratti femminili caratterizzati da volti stilizzati e colli affusolati, Amedeo Modigliani elaborò uno stile inconfondibile: visi semplificati e ridotti a poche linee sommarie, colori intensi, pose composte, inquadrature ravvicinate. Le misteriose figure dipinte, la vita breve e dissoluta fanno di lui un modello di artista novecentesco, tormentato e geniale. Affetto da tubercolosi, morì all’età di trentacinque anni. È sepolto nel cimitero parigino Père Lachaise.
Per rendere omaggio al grande artista livornese abbiamo scelto il francobollo che le poste italiane gli dedicarono nel 1984. L’esemplare da 400 lire raffigura il
Ritratto di Paul Guillaume, un dipinto a olio su tela che il pittore realizzò nel 1916, conservato oggi presso il Museo del Novecento di Milano. Il soggetto del dipinto, Paul Guillaume, è stato un importante collezionista d’arte di Parigi. Modigliani gli ha dedicato tre ritratti. In questo dipinto, l’artista raffigurò Guillaume con un solo occhio e il motivo lo spiegò lo stesso Modigliani con queste parole: “Perché con uno tu guardi il mondo, con l’altro guardi in te stesso”.

Avvicinarsi alla pittura significa saper vedere, imparare a disegnare, a intuire i contorni del modello e a farne una sintesi in poche linee, e in qualche istante restituirne la dimensione umana attraverso i colori e le forme.
Per un giovane che si appresta a credere di poter esprimere con le proprie mani, attraverso la pittura, la propria verità, lavorando sul proprio sogno, tutto diventa possibile: invaghito e impregnato da una dimensione e proiezione irrazionale, si sente “ispirato”.
La creazione artistica ha sempre tradito le generazioni degli artisti accademici che hanno creduto di poter restituire la “verità” attraverso la loro interpretazione creativa, credendosi ispirati da forze ultraterrene. La famosa “ispirazione” divina, che si identificava con la creazione artistica. Era, questa, una posizione filosofica che impegnava sapienti e filosofi da secoli, per poi esser smentita dal movimento di idee e di pensiero d’avanguardia che comincia con gli impressionisti e trova la sua definizione nel cubismo. Una strana storia – o per meglio dire una favola – che ha incantato per secoli intere generazioni di artisti, quella della “dimensione divina”, condizione alla quale era preferibile adattarsi per non trovarsi all’indice, scomunicati o costretti all’esilio forzato!
All’inizio del secolo XX, il giovane Amedeo, nato in una cittadina italiana di provincia, da genitori di cultura elevata, trova un terreno ideale per poter esprimere la propria voglia di esistere come “artista”, come testimone di un mondo che cambia. Sentendosi inconsciamente portatore di questo cambiamento, spinge la famiglia a credere in lui, attraverso la madre, la più sensibile ai suoi richiami; ma, soprattutto, dimostra una spiccata attitudine al disegno.
Le premesse ci sono tutte. A causa di una malattia, la debolezza del fisico e la gracilità precisano i caratteri di un giovane introverso, che rivendica la propria sensibilità e attitudine per il mondo dell’arte. E la madre acconsente a che il giovane abbandoni la scuola per dedicarsi esclusivamente alla pittura. Una responsabilità enorme per un genitore che vede nel figlio la capacità di indirizzarsi verso una carriera che non offre grandi prospettive economiche. Ma Amedeo dimostra in pochi mesi di essere all’altezza della decisione presa. L’enorme capacità di concentrazione, una sorta di incertezza esistenziale e la malattia creano un’alchimia che non ha paragoni.
Non servono teorie o indagini particolari per scoprire le caratteristiche del “genio in erba”, occorre accettare la dimensione irrazionale per scoprire quella artistica come evento naturale. Le pulsioni concentrate su un solo argomento, su un tema o un soggetto, sviluppano in un giovane una corazza che può essere fuorviante, negativa e maniacale; come invece possono contribuire allo sviluppo di caratteristiche evolutive che permettono di accettare la propria anomalia e farne uso positivo per lo sviluppo intellettuale.
Per Amedeo, a quattordici anni, tutto sembra naturale, anche fare pittura. Positivamente, accetta la propria diversità e non si attribuisce qualità particolari, è solo spronato dal desiderio d’esistere come “artista” a tempo pieno. Questo atteggiamento determina la sua vittoria sulla malattia. Ben conscio della fragilità del corpo, si alimenta di forme e colori che gli sembrano essere la sorgente della sua guarigione. Ed è proprio questa alchimia che è difficile da mettere in atto. Modigliani riesce ad evadere dalla sua Livorno natale e a frequentare lo studio di Fattori a Firenze, a iscriversi all’Accademia di Venezia, e infine a emigrare per ritrovare i suoi amati pittori rivoluzionari in territorio francese: la libertà è nella pittura. Anche se questo non è ancora sufficiente: occorre essere se stessi. Per avere una dimensione individuale, per essere riconosciuti e per far riconoscere la propria pittura come un’icona diviene tutt’uno con la propria identità, occorre rivisitare tutta la storia dell’arte per poter offrire un anche minimo contributo personale al percorso.
Modigliani scopre la propria vera identità a Parigi. Con un gesto titanico demolisce tutto il suo passato, lo rinnega. Materialmente distrugge tutta la propria produzione: pitture, sculture, disegni. Amedeo scrive alla madre e alla sorella a Livorno di bruciare tutte le “cose” rimaste a casa, intuisce che la sua espressione può avere senso soltanto attraverso un’identità pittorica riconoscibile immediatamente, e deve essere unica tra tante forme d’arte.
E la sua intuizione è stata confermata nel tempo: Modigliani è un artista unico, senza imitatori, senza nessun continuatore. Il suo mito si è costruito negli anni al di là della sua volontà.
Ed è proprio questa capacità di riuscire malgrado le difficoltà, che ha creato una pletora di persone che si sono immedesimate, nel migliore dei modi, nella sua maniera di vivere. Ma l’identificazione non può dare a tutti le chiavi della conoscenza, della riuscita, delle possibilità creative. Per cui il mito si crea soltanto dopo la scomparsa dell’artista. Per un Modigliani che vale, che intuisce e che attua la sua maniera di dipingere, di scolpire e di disegnare, centinaia di altre comparse credono di poterlo seguire nelle sue vicissitudini. È l’identificazione col mito.
Gli artisti che hanno voluto seguire il suo mito romantico si sono ritrovati tutti a Parigi, ma non hanno saputo cogliere o intuire la dimensione “inconscia” del suo essere libero, sognatore, slegato da ogni convenzione. Viene in mente la teoria di Georges Bataille a proposito delle pulsioni “gratuite”, a quella dimensione di spreco: per ottenere un genio occorrono mille vittime! Una teoria che sembra combaciare con lo stile estremo di vita condotto da Modigliani, che non è certo un esempio da additare, ma resta il fatto che esiste un mito romantico sul Modigliani artista. Un mito curiosamente seguito da molti altri “tenebrosi” individui convinti di ottenere gli stessi risultati sacrificando la propria vita all’ideale. Cosa dire alle giovani generazioni che si avvicinano all’arte inquieta e irriverente del XX secolo?
Il mito di Modigliani dovrebbe insegnare che la trasgressione non ha regole, non può creare nuove teorie da seguire. Tutta l’espressione artistica slegata dalla tradizione figurativa non ha possibilità d’essere insegnata, proprio per il suo carattere rivoluzionario deve essere letta come un movimento indipendente. Il carattere dell’espressione artistica di Modigliani si basa su una lettura del modello ritratto, che è un’immagine riflessa dell’artista stesso. Una teoria di immagini che si svolgono lungo tutto il percorso della sua vita. Il soggetto della materia è il modello, autonomo rispetto all’anatomia, alla prospettiva, soggetto solo all’interpretazione libera dell’artista. Dove l’interpretazione prende come spettatore il modello stesso, per riflettere le sue manie, le sue imperfezioni, per riproporlo come oggetto di contemplazione, di trasformazione artistica. Il modello vive come l’artista nello stesso spazio: legati tra loro dalla fantasia, dalla libertà e dal desiderio di infrangere le leggi codificate. Sono più di duecento le opere di Modigliani in cui il modello si trova ritratto quasi frontalmente davanti all’artista: un faccia a faccia unico nella storia dell’arte. Amedeo infrange il mito della tradizione accademica rivisitandolo dall’interno, demolendo i muri dell’atelier, costruendo una linea di forza dove lo spazio si trova imbrigliato dal suo pennello che delimita le pareti dello studio con due semplici toni di colore diverso. Una sintesi innovativa, dove il corpo del modello si trova inglobato dai contorni neri, nelle linee di forza strutturate con un’abilità rinascimentale che sembra ricordarci le sue origini toscane. La sua maniera di essere artista è un esempio unico nella storia dell’arte. Esempio che deve essere accettato come tale per poterne vedere e scoprire le caratteristiche più recondite dell’uomo che sogna, e che copre la sua donna amata come una rivelazione, come un innamoramento permanente del corpo e dell’anima per la donna angelo.

Alberto PUPPO
Founder of: SCRIPOMUSEUM.COM Historical digital Museum for collector of stock and bond, MUSEUM ON THE HISTORY OF FINANCE"SCRIPOMUSEUM.COM".
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