Un fede di credito molto rara, datata 1855. Emanata dal Banco regio dei reali domini al di là del faro cassa di corte di Palermo. Emanata cioè 5 anni dopo la nascita di questo Banco regio di cui facciamo una breve storia. Nel 1849 con la separazione amministrativa della Sicilia dal continente, il Banco delle Due Sicilie è, con decreto del15 agosto 1850, scisso in due istituti: uno, il continentale, che conserva il nome di Banco delle Due Sicilie, il patrimonio e le casse di sconto, oltre quelle di corte; l’altro, il siciliano, che acquisisce il nome di Banco regio dei reali dominî al di là del Faro, e le due filiali di Palermo e Messina.
Nel 1858 vengono aggregate a queste ultime due casse di sconto col patrimonio di 1.000.000 di ducati assegnati dall’erario. Con queste casse il banco inizia a dare vita a un’attività creditizia senza toccare la massa del suo incasso metallico, a fronte del quale erano stati messi in circolazione quei caratteristici titoli detti appunto fedi di credito”.
L’uso dei termini Regno di Sicilia al di là del faro (o ulteriore) e Regno di Sicilia al di qua del faro (o citeriore), in riferimento al faro di Messina e quindi all’omonimo stretto, nasce quando, incoronato Carlo I d’Angiò da Papa Clemente IV rex Siciliae, la corte di Catania e Palermo rivendica per sé tale titolo appoggiando le istanze di Pietro III di Aragona, dando così inizio alla guerra dei Vespri. La Pace di Caltabellotta, nel 1302, mette fine alla guerra e dà vita a questa separazione.
Negli anni di Ferdinando II la principale suddivisione del Regno, sebbene non avesse essa carattere amministrativo, era fra la sua parte continentale, i Reali Dominii al di qua del Faro, e la Sicilia, i Reali Dominii al di là del Faro. Dal punto di vista amministrativo, invece, il Regno era suddiviso in 22 province, di cui 15 nella Sicilia citeriore (ex Regno di Napoli) e 7 nella Sicilia ulteriore (ex Regno di Sicilia), a loro volta suddivise in distretti (unità amministrative di secondo livello) e circondari (unità amministrative di terzo livello).
Dal punto di vista storico il 1855 ci riconduce a parlare di Ferdinando II che, dopo i durissimi e sconvolgenti moti del biennio 48-49, ottiene il risultato di riportare l’assetto politico del Regno allo staus quo ante. A un prezzo, tuttavia, estremamente alto: l’opinione pubblica europea lo identifica come un sovrano brutale e nemico dell’ordine costituzionale e liberale. Il Regno appiattisce la propria politica estera sulla alleanza di fatto con l’Austria di Francesco Giuseppe e questo produce una frattura irrimediabile con la classe dirigente siciliana, che non attende altro che una nuova occasione di riscatto, soprattutto, le sorti della dinastia si separano definitivamente dalla causa Risorgimento nazionale italiana. Sono proprio i moti del 48-49 a marcare ancora di più la separazione tra i Borboni e gli abitanti del Regno. Non bisogna dimenticare, infatti, che il Regno delle due Sicilie è il primo ad insorgere in Italia e in Europa contro l’assolutismo. Il 12 gennaio 1848 scoppiano i primi moti. A Palermo, fulcro della rivolta, migliaia di volantini vengono distribuiti tra la popolazione e vengono affissi chiari e ampi manifesti contro i Borboni.
L’insurrezione riesce in tutto il Regno tanto che la monarchia decade il 23 gennaio il 25 marzo nasce un nuovo governo con a capo Ruggero Settimo. Il 10 giugno del 1848 la Sicilia diventa Stato di Sicilia con un governo costituzionale. Il nuovo governo chiede a Ferdinando Alberto Amedeo di Savoia di essere il Re del nuovo Stato di Sicilia, ma questi rifiuta e il neonato Stato per molto tempo cerca invano un nuovo re. Il regno vacante e i numerosi scontri al suo interno, portano il governo siciliano ad indebolirsi progressivamente. Ferdinando II sfrutta così la sua debolezza per riconquistare l’isola. Nel settembre del 1848 cominciano bombardamenti sulle città siciliane, Messina e Catania sono le più colpite. Il 14 maggio 1849, dopo mesi di scontri durissimi, la Sicilia torna sotto il controllo dei Borbone. Ma il malcontento della popolazione serpeggerà fino al collasso del Regno nel 1860 sotto l’urto di Garibaldi e della sua spedizione dei mille.
A livello collezionistico, questo documento, essendo assai raro, ha un valore di catalogo di circa 500 euro. Per questo sono alte le sue probabilità di rivalutazione.