Nazione: Regno d’Italia (1861-1946)Settore: Militari e affini
ID: 38982
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Il Generale Garibaldi aveva stabilito il Centro dell’emigrazione romana, come si legge nel Proclama al verso di ogni vaglia, in Firenze. Di qui lanciò questa sottoscrizione a favore della popolazione di Roma ancora pontificia (presa di Roma 20 settembre 1870).
Stampati su carta non filigranata. Gli esemplari emessi devono avere un timbro a secco sull’immagine allegorica (Lupa capitolina allattante e scritta «Centro dell’emigrazione Roma»). Il retro è uguale per tutti i tagli. I biglietti non emessi mancano delle firme e del timbro a secco. Firme manoscritte di: Bonpiani Agneni Caraffa; firma autografa di Giuseppe Garibaldi. I biglietti sono firmati con uno o due nominativi (oltre a quello di Garibaldi) e le diverse combinazioni di firme determinano una rarità più o meno accentuata. Misura unica per tutti i tagli: mm. 180 x mm. 100.




Giuseppe Garibaldi (Nizza, 4 luglio 1807 – Caprera, Arcipelago di La Maddalena, 2 giugno 1882) è stato un generale, patriota, condottiero e scrittore italiano. Figura rilevante del Risorgimento italiano, fu uno dei personaggi storici italiani più celebri al mondo. È noto anche con l’appellativo di «eroe dei due mondi» per le sue imprese militari compiute sia in Europa sia in America Meridionale.
Considerato dalla storiografia e nella cultura popolare del XX secolo da essa influenzata, il principale eroe nazionale italiano, iniziò i suoi spostamenti per il mondo come ufficiale di navi mercantili e poi quale capitano di lungo corso al comando, mentre la sua impresa militare più nota fu la spedizione dei Mille, che annesse il Regno delle Due Sicilie al nascente Regno d’Italia durante l’Unità d’Italia. Massone di 33º grado del Grande Oriente d’Italia (ricoprì anche brevemente la carica di Gran Maestro), dichiaratamente anticlericale, fu autore di numerosi scritti e pubblicazioni, prevalentemente di memorialistica e politica, ma anche romanzi e poesie.
Nel 1867, approfittando della popolarità derivatagli dalla vittoria di Bezzecca, Garibaldi stava ritentando l’impresa di invadere Roma. Promosse una raccolta che chiamò «Obolo della Libertà» contrapponendolo all’«Obolo di San Pietro», e si interessò al centro insurrezionale romano, formando un Centro dell’emigrazione con sede a Firenze. Partecipò al Congresso internazionale della pace, il 9 settembre 1867 a Ginevra, dove venne eletto presidente onorario.
Preparò un attacco contando sulla rivolta interna della città; dopo una serie di rimandi, senza l’appoggio dello stato, il 23 settembre partì da Firenze, ma il giorno dopo il 24 settembre 1867 venne arrestato. Il presidente del consiglio Urbano Rattazzi agì in tempo facendo arrestare Garibaldi a Sinalunga, e portato nella Cittadella di Alessandria. 25 deputati protestarono per l’accaduto: essendo il nizzardo stato eletto nel Mezzogiorno, veniva a infrangersi l’immunità parlamentare e i soldati che dovevano sorvegliarlo ascoltavano i suoi proclami dalla finestra della prigione. Venne poi portato il 27 settembre prima a Genova e poi a Caprera, isola in quarantena per colera, dove era prigioniero, sorvegliato a vista e l’isola controllata dalla Regia Marina.
Organizzò una rocambolesca fuga utilizzando Luigi Gusmaroli come suo sosia. Mentre l’uomo sostituì Garibaldi, il nizzardo lasciò l’isola il 14 ottobre stendendosi su un vecchio beccaccino comprato anni prima e nascosto. Giunse all’isolotto di Giardinelli, e, dopo aver guadato, arrivò a La Maddalena alloggiando dalla signora Collins. Con Pietro Susini e Giuseppe Cuneo giunsero in Sardegna, dopo essersi riposati ripartirono il 16 ottobre e dopo aver viaggiato a cavallo per 15 ore, il 17 si imbarca raggiungendo in seguito Firenze il 20. Partito da Terni raggiungendo Passo Corese il 23, contava fra i suoi uomini circa 8.000 volontari, in quella che venne riconosciuta come “Campagna dell’Agro Romano per la liberazione di Roma”. Dopo un primo attacco a Monterotondo il 25 ottobre prese il 26 ottobre 1867 la piazzaforte pontificia bruciando la porta utilizzando un carro infuocato penetrandovi con i suoi uomini.
Giunse il 29 a Castel Giubileo e dopo a Casal de’ Pazzi, il 30 sino all’alba del 31 rimase in vista di Roma ma non ci fu la rivolta che attendeva e ritirò le sue truppe. Garibaldi non sapeva del proclama del re che aveva sedato gli animi rivoltosi, malgrado il sacrificio dei fratelli Cairoli (Scontro di Villa Glori) e il sacrificio a Roma della Tavani Arquati e di Monti e Tognetti decapitati nel 1868.
Decise di recarsi a Tivoli: la partenza era prevista il 3 novembre alle 3 di notte ma venne posticipata alle 11, erano circa in 4.700 giunti a Mentana incontrano i 3.500 pontifici guidati da Hermann Kanzler, ma riuscirono a farli retrocedere; sopraggiunsero quindi i 3.000 francesi guidati da Charles De Failly, dotati del fucile Chassepot a retrocarica in quella che verrà chiamata la battaglia di Mentana. Di fronte al fuoco Garibaldi continuò l’attacco ma a una successiva carica annunciata venne fermato da Canzio, decise quindi il ritiro delle truppe.
Partì con un treno da Orte alla volta di Livorno, ma presso la stazione di Figline Valdarno venne nuovamente arrestato e rinchiuso a Varignano il 5 novembre, vi restò sino al 25 novembre, dopodiché tornò a Caprera. Come deputato si dimise nell’agosto del 1868.