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LA NASCITA DI LEV NIKOLAEVIC TOLSTOJ

Oggi è il 188° anniversario della nascita di Lev Nikolàevič Tolstòj.
Sono numerose le emissioni filateliche riguardanti il grande scrittore russo e pertanto noi ci limiteremo a quelle che l’URSS gli ha dedicato nel corso degli anni.
La prima risale al 1935 e fu emessa in occasione del 25° anniversario della morte. Comprende tre valori: il 3 kopechi, con un ritratto giovanile dell’autore di “Guerra e pace”, il 10 kopechi, che mostra lo scrittore anziano, e il 20 kopechi, raffigurante il monumento del museo di Mosca a lui dedicato.
Nel 1953 – anno in cui morì Stalin – il 125° anniversario della nascita di Tolstòj venne ricordato con un francobollo color seppia da un rublo.
L’anno seguente le poste sovietiche emisero una serie dedicata alla difesa di Sebastopoli durante la guerra di Crimea. Il valore da 40 kopechi raffigura il monumento eretto per ricordare le navi affondate. Nella parte inferiore del francobollo, tra un’ancora e il valore facciale, è possibile notare un’iscrizione con una frase dello scrittore.
Nel 1956 l’URSS diede alle stampe una serie di sette valori da 40 kopechi chiamata “Scrittori della nostra patria”. Uno di questi esemplari mostra un anziano Tolstòj e sullo sfondo una scena tratta dal suo capolavoro “Guerra e pace”.
Il cinquantenario della morte di Tolstòj venne ricordato nel 1960 con una serie di tre valori tutti raffiguranti in primo piano il celebre scrittore: sullo sfondo del 20 kopechi compare la sua casa moscovita e su quello da 60 kopechi si può notare la casa che si trova a Jàsnaja Poljana, la tenuta in cui nacque nel 1828.
Nel 1964 le poste sovietiche commemorarono la scultrice Anna Golubkina con un francobollo da 4 kopechi. Dietro al suo ritratto si nota una sua scultura raffigurante Tolstòj.
L’esemplare che chiude la nostra rassegna di oggi, un francobollo verde scuro da 4 kopechi, è il valore che nel 1978 fu emesso in occasione del 150° anniversario della nascita di quello che fu senz’altro uno dei più grandi esponenti della letteratura russa.

Schermata 2016-07-05 alle 17.07.51Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.

Tutto era sottosopra in casa Oblonskij. La moglie era venuta a sapere che il marito aveva una relazione con la governante francese che era stata presso di loro, e aveva dichiarato al marito di non poter più vivere con lui nella stessa casa. Questa situazione durava già da tre giorni ed era sentita tormentosamente dagli stessi coniugi e da tutti i membri della famiglia e dai domestici. Tutti i membri della famiglia e i domestici sentivano che non c’era senso nella loro convivenza, e che della gente incontratasi per caso in una qualsiasi locanda sarebbe stata più legata fra di sé che non loro, membri della famiglia e domestici degli Oblonskij. La moglie non usciva dalle sue stanze; il marito era già il terzo giorno che non rincasava. I bambini correvano per la casa abbandonati a loro stessi; la governante inglese si era bisticciata con la dispensiera e aveva scritto un biglietto ad un’amica chiedendo che le cercasse un posto; il cuoco se n’era già andato via il giorno prima durante il pranzo; sguattera e cocchiere avevano chiesto di essere liquidati.

Tre giorni dopo il litigio, il principe Stepan Arkad’ic Oblonskij – Stiva, com’era chiamato in società – all’ora solita, cioè alle otto del mattino, si svegliò non nella camera della moglie, ma nello studio, sul divano marocchino. Rigirò il corpo pienotto e ben curato sulle molle del divano, come se volesse riaddormentarsi di nuovo a lungo, rivoltò il cuscino, lo abbracciò forte e vi appoggiò la guancia; ma a un tratto fece un balzo, sedette sul divano e aprì gli occhi.

“Già già, com’è andata? – pensava riandando al sogno. – Già, com’è andata? Ecco… Alabin aveva dato un pranzo a Darmstadt; no, non Darmstadt, ma qualcosa d’America. Già, ma là, Darmstadt era in America. Sì, sì, Alabin aveva dato un pranzo su tavoli di vetro, già, e i tavoli cantavano ‘Il mio tesoro’, eh no, non ‘Il mio tesoro’, ma qualcosa di meglio; e c’erano poi certe piccole caraffe, ed anche queste erano donne” ricordava.Schermata 2016-07-05 alle 17.07.57

Gli occhi di Stepan Arkad’ic presero a brillare allegramente ed egli ricominciò a pensare sorridendo: “Eh già, si stava bene, tanto bene. Ottime cose là; ma prova un po’ a parlarne e a pensarne; da sveglio neanche arrivi a dirle”. E, notata una striscia di luce che filtrava da un lato della cortina di panno, sporse allegramente i piedi fuori dal divano, cercò con essi le pantofole di marocchino dorato ricamategli dalla moglie (dono per l’ultimo suo compleanno), e per vecchia abitudine, ormai di nove anni, senza alzarsi, allungò il braccio verso il posto dove, nella camera matrimoniale, era appesa la vestaglia. E in quel momento, a un tratto, ricordò come e perché non dormiva nella camera della moglie, ma nello studio, il sorriso gli sparve dal volto; corrugò la fronte.Schermata 2016-07-05 alle 17.08.06

– Ahi, ahi, ahi! – mugolò, ricordando quanto era accaduto, e gli si presentarono di nuovo alla mente tutti i particolari del litigio, la situazione senza via di uscita e, più tormentosa di tutto, la propria colpa.

“Già, lei non perdonerà, non può perdonare. E quel ch’è peggio è che la colpa di tutto è mia… la colpa è mia, eppure non sono colpevole! Proprio in questo sta il dramma” pensava. “Ahi, ahi, ahi!” ripeteva con disperazione, ricordando le impressioni più penose per lui di quella rottura.

Più spiacevole di tutto il primo momento, quando, tornato da teatro, allegro e soddisfatto, con un’enorme pera in mano per la moglie, non l’aveva trovata nel salotto; con sorpresa non l’aveva trovata neanche nello studio, e infine l’aveva scorta in camera con in mano il malaugurato biglietto che aveva rivelato ogni cosa.

Lei, quella Dolly eternamente preoccupata e inquieta, e non profonda, come egli la giudicava, sedeva immobile, con il biglietto in mano, e lo guardava con un’espressione di orrore, d’esasperazione e di rabbia.

– Cos’è questo biglietto, cos’è? – chiedeva mostrando il biglietto.

E a quel ricordo, come talvolta accade, ciò che tormentava Stepan Arkad’ic non era tanto il fatto in se stesso, quanto il modo col quale egli aveva risposto alle parole della moglie.

Gli era accaduto in quel momento quello che accade alle persone che vengono inaspettatamente accusate di qualcosa di troppo vergognoso. Non aveva saputo adattare il viso alla situazione in cui era venuto a trovarsi di fronte alla moglie dopo la scoperta della propria colpa. Invece di offendersi, negare, giustificarsi, chiedere perdono, rimanere magari indifferente – tutto sarebbe stato meglio di quel che aveva fatto – il suo viso, in modo del tutto involontario (azione riflessa del cervello, pensò Stepan Arkad’ic, che amava la fisiologia), in modo del tutto involontario, aveva improvvisamente sorriso del suo usuale, buono e perciò stupido sorriso.Schermata 2016-07-05 alle 17.08.19

Questo stupido sorriso non riusciva a perdonarselo. Visto quel sorriso, Dolly aveva rabbrividito come per un dolore fisico; era scoppiata, con l’impeto che le era proprio, in un diluvio di parole dure, ed era corsa via di camera. Da quel momento non aveva più voluto vedere il marito.

“Tutta colpa di quello stupido sorriso – pensava Stepan Arkad’ic. – Ma che fare, che fare?” si chiedeva con disperazione, e non trovava risposta.

Questa è la prima parte di Anna Karenina, il romanzo che Lev Tolstoj pubblicò nel 1877. Secondo lo scrittore russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij «Anna Karenina in quanto opera d’arte è la perfezione… e niente della letteratura europea della nostra epoca può esserle paragonato». La sua opinione fu condivisa da Vladimir Vladimirovič Nabokov, che lo definì «il capolavoro assoluto della letteratura del XIX secolo»

Alberto PUPPO
Founder of: SCRIPOMUSEUM.COM Historical digital Museum for collector of stock and bond, MUSEUM ON THE HISTORY OF FINANCE"SCRIPOMUSEUM.COM".
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