Il biscione nella monetazione dei Visconti lo troviamo in modo evidente nel campo della moneta a partire da Bernabò e Galeazzo II Visconti (1354 -1378), assume e manterrà nel tempo una immobilizzazione simbolica, segno di continuità, tradizione e identità .
Si presenta nei Grossi e nei Sesini con sei spire avvolgenti che tendono ad ampliarsi verso l’alto, nelle fauci è presente la figura di un fanciullo, ai lati sono presenti le iniziali B e G dei Signori, il tutto entro una cornice che la contiene con agli angoli della stessa dei segni identificativi di emissione quali rosette, stellette, tre piccoli cerchietti o un cerchio più grande con punto centrale interno.

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È a capo scoperto anche se in una serie già con Bernabò e Galeazzo II compare un’aquila
ad ali spiegate sulla sua parte superiore che riduce di fatto lo spazio disponibile per la
biscia viscontea, un evidente richiamo verso l’autorità imperiale.

Infatti, il 20 dicembre 1354, l’Imperatore Carlo IV scende in Italia, si fa incoronare e concede il vicariato imperiale ai Signori di Milano.
In cambio l’Imperatore riceve centocinquantamila Fiorini ma le concessioni imperiali si estendono dai possedimenti personali dei Visconti stessi fino alle terre dell’Impero rette da essi.
L’aquila imperiale posta sul capo del biscione è emblematica e simbolica come segno del potere imperiale e vuole raffigurare i rapporti e i legami esistenti tra l’Impero e i Visconti.
Anche nella monetazione col solo Bernabò Visconti abbiamo una moneta che ha sul capo della biscia viscontea l’aquila imperiale
Si tratta del Fiorino, moneta in oro, che probabilmente veniva usata per importanti transazioni e che portava agli utilizzatori un messaggio delle concessioni fatte ai Signori di Milano da parte dell’Imperatore.
Nel 1395 avviene un fatto importante e fondamentale che inciderà negli anni successivi
sull’iconografia monetale della biscia viscontea.
L’11 maggio 1395, dietro il pagamento di centomila fiorini d’oro, l’Imperatore Venceslaoconcede a Gian Galeazzo Visconti il titolo ducale; il 5 settembre 1395, con una solenne cerimonia, avviene l’incoronazione in Piazza Sant’Ambrogio
Il titolo permette anche il diritto di trasmissione del privilegio al figlio primogenito e ai suoi eredi e, in mancanza, al figlio secondogenito.
Gian Galeazzo ottiene tra l’altro il permesso di inquartare nel suo stemma l’aquila imperialeche si accompagnerà con la biscia viscontea, uno stemma che diventa un mix tra identità, potere e autorità imperiale, un legame tra casa imperiale e il Signore di Milano.
Gian Galeazzo, già da quel momento, potrebbe utilizzare sulle monete il simbolo della corona e il titolo di DVX in legenda, ma in realtà aspetta…
Aspetta perché probabilmente non lo ritiene opportuno e funzionale al momento, in animoc’era il progetto di unificare in un Regno tutti i territori conquistati spingendosi fino a Roma con Milano capitale.
Non accade così, anche perché ci sono manovre monetarie in quegli anni che condizionano e non rendono opportuno questo, la corona sopra il biscione viene posticipata ed utilizzata qualche anno dopo da Giovanni Maria Visconti nelle sue monete.
Gian Galeazzo non utilizza subito il simbolo della corona, però il capo della bisciaincomincia a coprirsi….con tre cerchietti, con un cerchietto grande….
Qualche anno dopo, dal 1402 in avanti, sarà Giovanni Maria Visconti a portare nella sua monetazione la corona sulla testa del biscione.
Giovanni è legittimato e la situazione, rispetto a quella che viveva Gian Galeazzo, è cambiata decisamente.
Gian Galeazzo pensava ad espandersi, Giovanni Maria pensa a difendere e a non perdere troppi dei suoi territori, è il momento di utilizzare il titolo anche come monito e prestigio acquisito.

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Giovanni Maria Visconti mette la corona nella serie dei Grossi, nel Soldo, nel Bissolo; da questo momento in avanti, la corona diventa una costante che continuerà nel tempo con qualche eccezione e che verrà utilizzata, passato il periodo degli usurpatori Gian Carlo ed Estore Visconti che comunque la utilizzeranno anch’essi, anche da Filippo Maria Visconti nel Grosso da 2 Soldi e nel Sesino. D’altronde i Visconti possono e sono legittimati, la corona è un loro diritto acquisito e da mostrare e qual miglior modo se non mostrarlo nelle loro monete, monete che da sempre sono il veicolo migliore e più semplice di propaganda?… Il quadro, passato il periodo della Repubblica Ambrosiana, cambia completamente con l’avvento degli Sforza.
Filippo Maria Visconti era morto senza eredi, di fatto viene a cadere la legittimazioneimperiale viscontea e il diritto imperiale ritorna all’Imperatore.
La situazione politica, militare e finanziaria imperiale è però cambiata, il potere e il diritto è in realtà ormai indebolito, potrebbe l’Imperatore rivendicarlo, opporsi, ma preferisce di fatto non fare grosse resistenze. Gli Sforza incutono timore e rispetto e la situazione non si sbloccherà anche se gli Sforza tentano più volte di ottenere l’effettiva legittimazione.
Così sarà fino a quando Ludovico il Moro, nel 1494, avrà la concessione imperiale che sfocerà nella cerimonia ufficiale d’investitura del 1495.
Gli Sforza, a partire da Francesco I, giocano con questo contesto, cercano l’investitura, non la ottengono, probabilmente ha un costo reale enorme per loro e anche questo non basterà… ci vogliono diplomazia, accordi, intrecci che solo Ludovico invece metterà in atto… riuscendo poi a ottenerla.
E quindi, probabilmente, tutto questo si riflette anche sulle monete, anche quelle col biscione, di fatto gli Sforza non possono mettere la corona sul biscione però su alcune monete lo fanno.
Un voler forzare la situazione, un voler sentirsi comunque legittimati per la parentela conl’ultimo Visconti, una situazione che comunque faceva comodo in quel momento particolare al potere imperiale, che di fatto non concede perché probabilmente non ne vede la convenienza, ma poi lascia anche fare… forse un mix di tutto questo, d’altronde anche gli Sforza nello scacchiere dell’epoca, rivestono la loro importanza e vengono comunque considerati.
Con gli Sforza è il ritratto a diventare il simbolo monetale per eccellenza, il busto di Francesco I diventa un esempio rinascimentale dove il culto della personalità, del potere, dell’autorità viene esposto sia per apparire che per propaganda per gli altri Stati e per gli utilizzatori.
Ma il biscione compare comunque non nelle monete più prestigiose ma nelle monete più di uso corrente, ad uso interno come il Soldo, il Sesino, il Denaro.
E il biscione risulta coronato…

Si gioca sull’ambiguità di tutto questo, in un Grosso di Francesco I, le iniziali F S ai lati dello scudo non sono coronate, in altra tipologia lo sono…
Altrettanto nel Sesino, normalmente il biscione è coronato, in una varietà no…

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È emblematico che tutto questo accada in monete da circolazioni interna, spesso moneta spicciola, forse Francesco osa di più dove il controllo è minore e tutto sommato gli interessa forse di più far vedere al suo popolo che ai potentati esterni che potrebbero giustamente eccepire.
Si ripete un po’ lo schema anche con la monetazione successiva di Galeazzo Maria Sforzae Bianca Maria Visconti con Soldi, Sesini, Denari.
Ma Galeazzo Maria Sforza forza invece di più la situazione, visti i numerosi tentativi mancati di avere la legittimazione imperiale, mette il biscione coronato oltre che in monete come il Grosso da 5 Soldi, il Sesino e il Denaro, anche col Testone, dove il biscione è anche coronato e compare entro lo scudetto al rovescio della moneta in una varietà decisamente più rara di quella senza corona. Il Testone è una moneta innovativa e di valore pari a 240 Denari imperiali, lo Sforza tenta di concretizzare con la Lira quella che da Carlo Magno è ritenuta l’unità di conto e a cui le monete si rapportano 3 .
Questo avviene all’interno della riforma monetaria voluta da Galeazzo Maria Sforza nel 1474 che sblocca una situazione di grave crisi finanziaria del ducato.
La domanda che ci si pone è perché anche in una varietà di una moneta importante,utilizzata anche in scambi importanti, abbiamo l’uso del biscione coronato?

Potrebbero esserci molte ipotesi, forse una serie post riforma dal 1474 in avanti, forse una idea che viene interrotta dalla sua morte repentina, forse semplicemente un tentativo poi interrotto perché palesemente troppo pericoloso ed evidente se fatto in una moneta di questo tipo.
Comunque sia, il biscione coronato lo troveremo anche in una emissione speciale di Galeazzo Maria Sforza con dei Testoni ad alto spessore, che probabilmente non circolarono mai, ma furono emissioni per regalia per personaggi importanti dell’epoca su cui Galeazzo voleva far leva e colpo, diciamo dei doni speciali di pura ostentazione.
D’altronde la storia monetale degli Sforza si basa su ostentazione, stupore, potere,
immagine e certamente anche su una certa dose di voler forzare le situazioni appunto tralegittimazioni presunte e rivendicazioni delle stesse…
Paradossalmente, quando Ludovico il Moro ottiene la legittimazione imperiale già dal 1494 (anche se la usa solo dal 1495), vengono a mancare monete col biscione coronato tranne che per un rarissimo Denaro conosciuto in soli sei esemplari.
Punta molto sul Testone, moneta di forte impatto iconografico, dove si prende per lui tutta la scena col busto dai tratti fieri e autorevoli al diritto.
1975 Lo scenario è però mutato ancora, l’officina monetaria milanese è in grave crisi finanziaria e c’è la mancanza di metalli a disposizione.
La zecca milanese entra in una fase decisamente involutiva e di decadenza.
Nel contempo Ludovico ha a disposizione solo un breve periodo in cui esercita la funzione di Duca a Milano nel quale però lascia indubbiamente, anche se i giudizi saranno poi contrastanti, un segno importante sulla città milanese.
Il biscione si configura indubbiamente nel periodo monetale visconteo e sforzesco come uno dei simboli dell’identità, della storia e della zecca milanese, a volte coronato, a volte no. Si distinguono nel tempo tre raffigurazioni principali, una a tutto campo dove il biscione è il protagonista indiscusso della moneta con ai lati le iniziali dei Signori, in questo caso è simbolo dell’identità e del Signore; un’altra dove compare all’interno dello scudo inquartato insieme all’aquila, in questo secondo caso abbiamo i due poteri uniti, quello imperiale e quello cittadino, Impero e Visconti o Sforza insieme; nel terzo caso, quello del Testone, lo troviamo nello scudetto al rovescio e il richiamo all’identità cittadina è sovrastata, però, dall’immagine del busto del Duca.

Quindi tre rappresentazioni distinte, differenti a livello di iconografia, ma anche di simbologia e di messaggio che dovevano dare agli utilizzatori. Come abbiamo visto in tutto questo, giocarono e incisero tanti fattori, storie di legittimazioni e rivendicazioni, storia e monete ancora una volta insieme… come sempre…
Si ringrazia per la preziosa collaborazione l’amico numismatico Mario Cigada BIBLIOGRAFIA:
CANTU’ 1974 = Cesare Cantù, Storia di Milano e la sua provincia, Bornato in Franciacorta (Brescia) 1974
CHIARAVALLE 1983 = Maila Chiaravalle, La zecca e le monete di Milano, Catalogo della Mostra, Milano 1983
CIPOLLA 1975 = Carlo Maria Cipolla, Le avventure della lira, Bologna 1975
CNI V, AA.VV. 1914 = Corpus Nummorum Italicorum, VOL.V, LOMBARDIA (MILANO), Roma 1914
CRIPPA 1986 = Carlo Crippa, Le monete di Milano dai Visconti agli Sforza dal 1329 al 1535, Milano 1986
LIMIDO 2016 = Mario Limido, Milano raccontata dalle sue monete e medaglie, Leipzig 2016
LOPEZ 2013 = Guido Lopez, I Signori di Milano dai Visconti agli Sforza, Ariccia (Roma) 2013
TOFFANIN 2013 = Alessandro Toffanin, Monete Italiane Regionali, Milano, Pavia 2013
TRAVAINI 2007 = Lucia Travaini, Monete e storia nell’Italia Medievale, Roma 2007
TRAVAINI 2013 = Lucia Travaini, I capelli di Carlo il Calvo. Indagine sul ritratto monetale nell’Europa
Medievale, Roma 2013
articolo di di Mario Limido