Un’azione rarissima del settembre 1870 emanata dall’Associazione marittima di Peljesac o di Sabbioncello in italiano. Questa associazione nasce in Dalmazia per iniziativa di un gruppo di italiofili autonomisti. Il comune di Sabbioncello, che si trova nell’estremo sud della Croazia, ha avuto un sindaco italiano fino alla fine dell’Ottocento. Si spiega così l’iniziativa intrapresa dagli italiofili della zona. Nel primo ottocento sono numerosi i marinai dalmati impegnati nel commercio del grano che, dai porti russi del Mar Nero, viene trasportato in Europa occidentale. Questo commercio ha un’ottima influenza sullo sviluppo della marineria nella Regione. Ma successivamente, con l’introduzione del vapore e la sostituzione delle imbarcazioni a vela, si rende necessario disporre di maggiori capitali di cui difficilmente un singolo dispone. Proprio per questo nascono le prime compagnie marittime sia di assicurazione che di navigazione: tra queste l’associazione marittima di cui parliamo oggi.
Dopo la dominazione napoleonica la Dalmazia ritorna all’Austria sotto forma di regno (o provincia) con capitale Zara, a sua volta diviso in quattro circoli (Zara, Spalato, Ragusa e Cattaro). Nell’Ottocento, come conseguenza del periodo napoleonico, si assiste al sorgere delle coscienze nazionali di molti popoli europei. In Italia inizia il periodo del Risorgimento e anche nei Balcani cominciano a nascere la coscienze nazionali, inizialmente per il diffondersi delle idee del movimento panslavista. In Dalmazia prende piede il movimento illirico, guidato dal croato Ljudevit Gaj, con lo scopo di dare vita a un’unica cultura e coscienza politica degli Slavi del sud. Ma è dopo il 1848 che il movimento illirico si trasforma nel “movimento nazionale croato” che dà il là al “risorgimento popolare croato” ed agli scontri con la dominante comunità dei Dalmati Italiani.
Fino a quel momento la convivenza tra italiani e slavi non crea particolari problemi, ma il diffondersi del nazionalismo incrina il rapporto tra le due nazionalità. In quel periodo gli italiani sono concentrati nelle città costiere (in molte delle quali erano in maggioranza), mentre i croati rimangono il gruppo maggioritario nell’intera Dalmazia. Sono però le stesse potenze dell’epoca a fomentare il nazionalismo. Tra il 1848 e il 1918 l’Impero austro-ungarico, soprattutto dopo la perdita del Veneto a seguito della Terza guerra d’Indipendenza (1866), incoraggia l’affermarsi dell’etnia slava per contrastare l’irredentismo della popolazione italiana. Inoltre, intorno al 1860, Vienna concede alla Dalmazia sempre più importanti forme di autonomia che favoriscono il movimento nazionale croato anche per tenere a bada gli irredentisti italiani. L’imperatore Francesco Giuseppe introduce il suffragio universale che favorisce le nazionalità più numerose. Proprio per questo gli italiani perdono tra il 1860 e il 1885, l’egemonia politica in Dalmazia: solo la città di Zara rimane governata fino alla prima guerra mondiale da una giunta espressione del partito autonomista (negli anni identificato prevalentemente come il partito degli italiani).
Soprattutto dopo l’annessione del Veneto all’Italia nel 1866 gli austriaci limitano in tutti i modi l’influenza italiana in Dalmazia, in Trentino e nella Venezia Giulia. In Dalmazia la scuola viene progressivamente “slavizzata” e si assiste alla trasformazione delle scuole italiane in croate. La consistenza della comunità italiana nelle città costiere comincia così a diminuire progressivamente, con l’unica eccezione della città di Zara. Con l’approssimarsi della Prima guerra mondiale la lingua italiana viene vietata in tutti gli edifici pubblici e i dalmati italiani sono estromessi dalle amministrazioni comunali. Questa politica porta a numerosi episodi di violenza. La Dalmazia, dopo il primo conflitto mondiale, (ad eccezione di Zara a maggioranza italiana e delle isole di Lagosta, Cherso e Lussino che vengono annesse all’Italia), viene annessa al neocostituito Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, nonostante il Patto di Londra prima della guerra avesse stabilito che l’Italia, in cambio dell’entrata in guerra, avrebbe dovuto ottenere la Dalmazia settentrionale incluse le città di Zara, Sebenico e Tenin.
Questo diventa successivamente uno degli aspetti che porteranno Gabriele D’Annunzio, i nazionalisti e i fascisti poi, a parlare di una “vittoria mutilata” e a rivendicare il diritto dell’Italia ad ottenere quanto stabilito prima della guerra.